Intervista a La Repubblica del 17/02/2023

“Io, umiliata dall’ad di Acea”
La sfida legale della hostess

di Marina de Ghantuz Cubbe

ROMA — Scandalo Acea, atto secondo. Una delle operatrici alla sicurezza che lavorava nella multiutility romana si prepara a passare alle vie legali, dopo settimane in cui l’azienda è nella bufera per le accuse di maltrattamento delle hostess all’ad Fabrizio Palermo. Dalle discriminazioni per l’aspetto fisico, all’utilizzo improprio delle lavoratrici costrette a fare le cameriere. La donna ha deciso di affidarsi all’avvocato del lavoro Alessandro Brunetti: «Quando la mia assistita ha protestato per le condizioni di lavoro è stata di fatto allontanata, non venendo più rinnovato il contratto. Rispetto a quello che mi è stato riferito il quadro è davvero preoccupante e anche dalle cronache emerge un ambiente di lavoro tossico in violazione dei più elementari principi di dignità della persona con una smaccata discriminazione dì genere protratta nel tempo, ad opera anche di figure apicali che hanno fatto un utilizzo distorto del potere dirigenziale».
La donna ora è senza lavoro e il legale ha scritto alla multiutility e alla
società che fornisce le lavoratrici, la chiedendo il reinserimento in azienda alle dipendenze dirette di Acea e lamentando il quadro discriminatorio. In particolare
la donna ha raccontato di come il lavoro da receptionist si sia trasformato nel dover «servire i pasti, muoversi in punta di piedi per non disturbare con il rumore dei tacchi, peraltro consigliati dagli stessi dirigenti Acea che chiedevano a tutte loro di usare un dress-code che questi tacchi li imponeva.
Non avere una pausa pranzo e in ogni caso dover mangiare lontano dalla vista dei dirigenti, anche in bagno. Stiamo parlando di una donna oggetto che quando lavora deve servire ma quando mangia deve sparire. C’è una sostanziale reificazione del corpo femminile». Tutto ciò, secondo il legale, comporta la violazione dell’articolo 2087, quindi il diritto all’integrità psicofisica, ma anche agli articoli 3 e 37 della Costituzione sul principio di uguaglianza e parità dei diritti della donna lavoratrice. Nonché del codice della pari opportunità che vieta la discriminazione di genere.